16 anni, da solo, dall’Iraq all’Inghilterra: la storia di Yasser

Quasi un’ora di ritardo, due carrozze eliminate (tra cui la mia), gente in piedi in mezzo ai corridoi. Il viaggio di ritorno da Ancona a Milano per il post voto del 4 marzo 2018 inizia male, malissimo. Siedo vicino alle porte di ingresso, a terra, col mio zaino sulle gambe. Non c’è altro posto e di certo non posso stare 4 ore in piedi. Ma il caso, il destino, chiamatelo come volete, mi regala un compagno di viaggio inaspettato. Un ragazzo che da Ancona vuole raggiungere Milano e da lì andare prima a Parigi, poi in Inghilterra. Ha 16 anni, vieni dal Kurdistan iracheno, è solo. Con lui solo una busta bianca, un po’ di soldi e un cellulare col gps.

Scusa, my friend…Milan?

Prima di salire un ragazzo mi chiede con un inglese stentatissimo, se il treno che sta arrivando è diretto a Milano. Annuisco. Mi chiede poi dell’acqua e mi fa capire se posso fargli la cortesia di comprargliela perchè non può camminare. Il treno arriva e non posso accontentarlo. Sale con me e con la coda dell’occhio noto che il giovane zoppica vistosamente. Una malformazione forse. Mi sbagliavo, scoprirò solo dopo il motivo di quell’incedere claudicante. Si siede a terra con me nel corridoio vicino alle porte di ingresso. Mi chiede ancora dell’acqua e gli offro la mia bottiglietta. Ci sediamo e dopo poco mi offre una barretta di cioccolato. Accetto. Iniziamo a parlare anche se lui si esprime piuttosto male, in un inglese forzato e poco chiaro.
Capisco subito che sarà lui il mio compagno di viaggio.
Si chiama Yasser, viene dal Kurdistan iracheno e ha 16 anni. Un giovane dal volto maturo, capelli tagliati corti ai lati e più lunghi sopra, sbarazzini, come è giusto che siano alla sua età. Un accenno di barba che nasconde un bianco sorriso. Nel corso del viaggio decifro la sua storia. La sua meta finale è l’Inghilterra dove lo attende uno dei suoi due fratelli. Ma per arrivarci dovrà fare tappa a Milano e da lì raggiungere Parigi dove lo attende un altro fratello. Poi Calais (anche se in un primo momento ha detto Dunkirk) e poi la Gran Bretagna.

No, il cellulare no!

Ogni tanto sfila il telefono che accende sporadicamente per non farlo scaricare. La foto di sfondo ritrae proprio Yasser insieme ad altri due ragazzi, probabilmente i due fratelli d’oltralpe. “Siria and Iraq are not good. Turkey, Greece and Italy are good”, mi racconta, illustrandomi le tappe del suo eterno viaggio. Dalla Turchia è arrivato in Grecia, ma è stato anche in Bulgaria dove è stato arrestato dalla polizia e picchiato. Mi mostra una cicatrice sul labbro superiore come per confermarmi la sua storia. Mi fa capire che ha dormito dove capitava  e che in qualche modo è arrivato in Italia, fino ad Ancona, dove ha preso il treno per Milano. Non ha documenti con sè. Solo dei soldi per pagarsi i biglietti. È salito con me su un Frecciabianca, ma i suoi biglietti, mi fa vedere, sono per un treno regionale. Ha sbagliato treno e ha preso il primo che ha potuto. Una cosa che mi ha colpito del suo racconto è stata la sua permanenza in Bulgaria. Gli hanno tolto tutto, compresi i documenti. Solo il telefono, per sua fortuna, non è stato confiscato. “Gps…no, no, phone no, please!”. Quel telefono è l’unico strumento per comunicare con amici e parenti. Lo vedo mentre chatta su facebook e telegram. Inoltre il gps gli permette di capire dove si trova, è la sua unica bussola nel marasma di stazioni che separano Ancona e Milano.

Kalashinokov

Gli hanno sparato. Mi racconta che qualcuno lo ha preso di mira con un kalashinokov al ginocchio sinistro e che è stato operato per togliere il proiettile. Ma l’intervento non lo ha rimesso in sesto. Cammina a fatica, zoppica, si deve continuamente appoggiare a qualcosa o qualcuno. Arrivati a Milano l’ho dovuto sorreggere fino a una sedia. “You help me for the ticket?”, mi chiede prima di scendere dalla carrozza. Lo aiuto ad arrivare alle macchinette per fare il biglietto. Il treno per Parigi parte dopo le 23. Yasser sorride. “Sei l’unico che mi ha parlato, you are good” confessa prima di citare Allah.

Inshallah

Lo lascio in stazione con il biglietto in mano, in attesa che esca il numero del binario sul cartellone. Poco prima sul treno, pensando di dover partire il mattino dopo per la Francia, Yasser mi ha chiesto quanto potesse costare una camera d’albergo. “Shower?” mima con le mani il gesto dello shampoo. “One month no shower”, rivela guardandosi i vestiti sporchissimi.
Dovrà forse aspettare ancora un po’ per la doccia, ma almeno potrà arrivare a Parigi prima del previsto, si spera.
Inshallah!

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