Mondiali 2018, lo straniero: il capro espiatorio perfetto

Ok, l’Italia calcistica è fuori dai mondiali. C’è chi se ne farà una ragione e chi no.
Lo sport è fatto così, a volte si vince, a volte si perde. Ma come spesso accade dopo una “disgrazia”, che sia sportiva o meno, parte la caccia al colpevole. E su chi cade la colpa? Sullo straniero.

Un campionato privo di italiani?

L’Italia non vince? Colpa dei troppi stranieri nel nostro campionato. Non c’è lavoro? Colpa degli immigrati che ce lo rubano. Storia trita e ritrita, figlia di un malumore che si allinea con l’ignoranza e la rabbia del momento.
I politici se ne approfittano. Salvini ha rispolverato l’hastag #stopinvasione, a suggello del suo illuminato commento tecnico post Italia-Svezia. Altri siti hanno subito ribattuto con i fatti. L’Huffington post ha condiviso un video in cui elenca tutti i successi delle nazionali composte da giocatori di origine straniera. Francia nel ’98, Germania nel 2014, senza parlare di Olanda, Svizzera e Belgio, tre squadre che, pur non avendo vinto nulla, sono considerate tra le più forti al mondo.
Saranno tutti disposti a prendersela con i troppi “non italiani”, sta di fatto che la maggior parte dei tifosi di casa nostra continuerà a perdere la testa dietro le imprese dei tanti “non italiani” che giocano nel proprio club del cuore. Ma come, non erano stranieri?

E hanno incolpato pure Socrate…

Anche Socrate è stato incolpato dalla sua Atene durante la crisi che ha colpito la città dopo la guerra del Peloponneso persa contro Sparta (430-409 a.C.). Eh si, la sconfitta in un derby brucia sempre e qualcuno doveva pagare. La storia la conosciamo. Incolpato ufficialmente di corrompere i giovani e divenuto personaggio scomodo nei salotti buoni d’Atene, Socrate è stato condannato a bere la mortale cicuta.

Una nazionale anacronistica non serve a nulla

La casacca della nazionale, che sia quella di calcio o meno, dovrebbe rappresentare la nazione. Il sentimento di appartenenza di un popolo attraverso lo sport. Ebbene. Perché dovrebbero esserci solo figli di italiani a vestire la maglia azzurra? Il nostro Paese è da anni investito da ondate migratorie continue. Quanti potenziali baby Messi ci sono dietro i volti di bambini di origine ghanese, cinese, albanese o siriana? Eppure non sono italiani perché non viene concessa loro la cittadinanza se non prima dei 18 anni a causa della carenza legislativa nostrana. Manca lo ius soli. Anche se nasci in Italia non sei italiano se mamma e papà sono migranti. Da un punto di vista culturale un abominio. Sotto il profilo sportivo uno spreco di “materiale umano” (passatemi il termine, ma rende bene l’idea).
Insomma, per un Paese che da decenni è interessato dalla convivenza multiculturale, la nazionale non può più essere monocroma tendente al bianco. Serve un cambio di passo e iniziare a tingerla dei colori della pelle di chi italiano già ci si sente, ma non può esserlo.

La logica di mercato

Chiudo con un appunto. A quanti presidenti interessa se il proprio miglior calciatore è italiano o russo, giapponese o australiano? Se gli fa incassare una montagna di soldi poco interessa. L’importante è che giochi bene.
Quindi il problema è qui. Non è colpa dello straniero, ma di un sistema drogato dal denaro che toglie il lume della ragione. Quando vinciamo (e guadagnamo grana) saliamo tutti sul carro del vincitore (stranieri compresi). Se perdiamo è sempre colpa “dell’altro”.

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