Gli Ilois, i deportati della base di Diego Garcia

Duemila persone deportate durante gli anni ’60. Un atollo sperduto nell’Oceano Indiano, interessi strategici, una base americana su suolo britannico.
Gli ingredienti per un romanzo di spionaggio ci sono tutti, ma di finzione qui c’è ben poco. map_of_diego_garcia

Gli Ilois sono una popolazione di provenienza mista (bantu e austronesiani) arrivata nell’arcipelago Chagos alla fine del XVIII secolo. A seguito della guerra tra Francia e Gran Bretagna le isole finiscono in mano inglese e vengono incorporate all’interno del territorio delle Mauritius. Tutto bene fino agli anni ’60. In quel periodo, in piena guerra fredda, gli inglesi stringono un accordo con gli Usa e concedono a Washington l’uso dell’arcipelago per scopi militari. Londra decide quindi una deportazione di massa. Tutti i Chagossiani vengono trasferiti nelle Mauritius, liberando il posto per gli americani. Il resto è storia. La base di Diego Garcia, apparentemente isolata dal resto del mondo, diventa nevralgica per le operazioni statunitensi in mezzo mondo. Iraq 1991, Afghanistan 2001, Iraq 2003. Tutte missioni partite da Diego Garcia.

“Stealing a nation”, il documentario girato dal giornalista australiano John Pilger nel 2004

I pochi Chagossiani rimasti si guadagnavano da vivere nelle piantagioni come “lavoratori stagionali“, prima di venire acquisite dal governo inglese e quindi chiuse. A chi si reca alle Mauritius per le cure mediche viene negato il ritorno in patria. Viene quindi a mancare il lavoro e la tutela sanitaria. Chi non viene cacciato se ne va di sua spontanea volontà. Fortissime le pressioni psicologiche per convincere a partire. Perfino i cani e gli altri animali domestici vengono uccisi. Gassati.

Nel 1972 il governo di sua maestà ha sborsato circa 650 mila sterline come risarcimento a 426 famiglie Ilois. I soldi sono versati nelle casse del governo mauriziano e distribuiti (considerando altri 4 milioni aggiuntivi da Londra) tra il 1982 e il 1987.
Un concetto che ritorna spesso nei documenti inglesi è che l’arcipelago Chagos non ha “fixed population” (popolazione stabile) o che le isole sono disabitate dal XVIII secolo.
La battaglia si gioca a colpi legali. “Una sentenza del 2000 dell’Alta Corte inglese ha riconosciuto che l’espulsione dalle Chagos è illegale, e che quindi gli Ilois hanno il diritto di tornare”, aveva dichiarato nel 2006 Richard Gifford l’avvocato che si è occupato per anni della questione. Marcia indietro, però, nel 2003. Illegittimo il ritorno degli Ilois secondo l’Alta Corte. Decisione confermata poi l’anno successivo.

I bambini morivano per la “tristezza”. I dottori non possono curare la tristezza.

Marie Lisette Talate, esule chagossiana

Intanto però le condizioni dei Chagossiani non sembrano destare preoccupazione alla comunità internazionale. Mancanza di lavoro, alcolismo, incapacità ad integrarsi. Tutti problemi che nei sobborghi di Port Louis (la capitale delle Mauritius) emergono con violenza.

Un telegramma inviato dall'ufficiale di colonia inglese Denis Greenhill in cui si descrivono gli abitanti di Chagos come "Tarzan"
Un telegramma inviato dall’ufficiale di colonia inglese Denis Greenhill in cui si descrivono gli abitanti di Chagos come “Tarzan”

Uno degli ostacoli più insormontabili per gli avvocati che sostengono questa causa è il fatto che la deportazione degli Ilois non può essere impugnata davanti alla Corte Penale Internazionale. Il motivo? L’organo non può procedere contro delitti ascrivibili a un periodo precedente al 1 luglio 2002, data della sua entrata in funzione. La legge chiaramente non è retroattiva.

Fresco fresco, intanto, è arrivato un nuovo smacco. Recentissimo. Datato novembre 2016. Il ministro per gli affari esteri, la baronessa Joyce Anelay, ha dichiarato che il governo “preparerà un pacchetto di aiuti da 40 milioni di sterline nei prossimi decenni per aiutare gli isolani esiliati a migliorare la qualità della propria vita. Il governo ha deciso contro il reinsediamento dei Chagossiani per praticabilità e per motivi pubblica sicurezza e difesa. E anche per non gravare sulle spalle dei contribuenti britannici. Inoltre ci sono limitate condizioni dal punto di vista sanitario, educativo ed economico”. Senza contare che alcune perizie sulla fattibilità del reinsediamento sono arrivate alla conclusione che per i Chagossiani potrebbe essere pericoloso tornare a causa delle frequenti inondazioni dovute all’innalzamento del livello del mare e al riscaldamento. Questo chiaramente varrebbe solo per loro e non per gli americani.
Poi lo schiaffo: “Il modo in cui i Chagossiani sono stati rimossi dai propri territori negli anni ’60 e ’70 e la maniera con cui sono stati trattati sono sbagliati e ci guardiamo indietro con profondo rammarico”.

…Non far rimanere nulla di indigeno a parte i gabbiani…

Foreign Office britannico

Rammarico… Intanto nel 2014 è stato rinnovato l’accordo fino al 2036. Troppo importante per gli Usa mantenere il controllo su quelle acque, rafforzando la propria presenza sia in estremo che Medioriente.

Quando vivevo a Diego ero libera come un uccello. Da quando vivo alle Mauritius vivo una vita che non vale la pena di essere vissuta

Charlesia Alexis, esule chagossiana

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