Due macchine fotografiche, giubbotti antiproiettile, batterie di riserva, obiettivi, scarpe comode, medicine, tesserino da giornalista. Quando entri nella sala espositiva la prima cosa che noti è un allestimento che ti immerge subito nel contesto della mostra “In prima linea“, organizzata a Palazzo Madama, a Torino. Espongono 14 fotoreporter, tutte donne, con 5 scatti a testa. Linda Dorigo, Virginie Nguyen Hoang, Jodi Hilton, Andreja Restek, Annabell Van den Berghe, Laurence Geai, Capucine Granier-Deferre, Diana Zeyneb Alhindawi, Matilde Gattoni, Shelly Kittleson, Maysun, Alison Baskerville, Monique Jaques, Camille Lepage.
I teatri di conflitto sono i soliti: Palestina, Siria, Ucraina, Sud Sudan, Centrafrica. Ammetto che a differenza di altre mostre, questa non mi ha particolarmente entusiasmato. Non per la qualità delle foto (non mi permetterei mai di criticare questo aspetto), ma per il messaggio che hanno trasmesso al visitatore. Non mi hanno impressionato, lo ammetto, ad eccezione di uno scatto soltanto, che mi ha lasciato sul posto.

L’uomo ritratto nella foto si chiama Abdelkarim Abu Ouda ed è stato ripreso mentre protegge suo figlio in quello che rimane della sua casa, nella striscia di Gaza. Uno scatto che mi ha mozzato il fiato sia per la drammaticità del bianco e nero, che per la situazione. Dietro mura squarciate dalle bombe e in primo piano un padre che protegge suo figlio, magari mentre cerca di farlo addormentare, su un materasso buttato a terra.
Senza nulla togliere agli altri lavori, il prezzo del biglietto lo vale questa foto. Tutto il dramma della guerra (e della persecuzione, visto il contesto) in un abbraccio di un padre a suo figlio.