Sono i Paesi poveri ad ospitare la maggior parte dei 65 milioni di profughi nel mondo. Lo rivela la World Bank in un suo rapporto utilizzando dati Unhcr. Secondo questo documento, pubblicato il 15 settembre 2016, non sarebbero i Paesi a maggior tasso di sviluppo ad occuparsi dei migranti, bensì i più poveri. Anzi, i vicini di quegli Stati da cui si fugge. Siria (che offre il maggior numero di rifugiati), Pakistan, Iraq, corno d’Africa, Centrafrica, Colombia, Sud Sudan. Ad accogliere troviamo Iran e Pakistan (16%), Cina, Russia, Turchia, Libano, Etiopia, Uganda, Sudan, Kenya e Somalia (7%).
Secondo gli analisti questa è considerabile la più grande crisi umanitaria a livello mondiale subito dopo quella della seconda guerra mondiale. Ma ci sono anche coloro che abbandonano le proprie case, pur rimanendo all’interno dei confini nazionale. Il loro numero è aumentato significativamente e progressivamente a partire dal 1996 (17 milioni) anno dell’ultimo sensibile calo di questa categoria di persone. In generale rispetto al 2014 (59,5 milioni) c’è stato un aumento del 9,75% nel 2015 toccando i 65 milioni di profughi. Inoltre un altro report, stavolta di Save the Children Forced to Flee: Inside the 21st Largest Country pubblicato il 14 settembre 2016, immagina che se si dovesse costituire uno Stato con tutti coloro che sono costretti ad abbandonare le proprie case, questo Paese sarebbe il 21esimo al mondo. Entro il 2030, con questo tasso di crescita, diventerebbe il quinto. Il rapporto di Save the Children si focalizza chiaramente sui bambini. In Europa lo scorso anno i minori non accompagnati ad aver fatto richiesta d’asilo erano 96 mila di cui il 40% afghani (cioè hanno percorso da soli 48mila chilometri). Per il resto niente scuola, pochissime medicine (molti bambini sfollati muoiono di malaria (20%), malnutrizione (10%), polmonite (20%) e dissenteria (7%).
Ma anche quando si può tornare a casa, non è facile reinserirsi. Spesso il ritorno nella propria terra d’origine è un processo complesso che richiede anni. I gruppi persone fuggite dalla propria città o case che poi ritornano (27%) tendono ad agglomerarsi intorno ai centri più popolosi in cerca di maggiore sicurezza e lavoro (Kabul, Juba, Luanda o Monrovia). E qui si sa, ci si ghettizza e si rimpinguano ulteriormente le sacche di criminalità e povertà.