In questi giorni non si fa altro che parlare del burkini, un costume da bagno integrale che copre il corpo della donna dalla testa ai piedi lasciando scoperto il viso. In Francia il primo ministro francese Manuel Valls ha denunciato questo uso considerandolo non aderente ai valori occidentali. Al di là della dichiarazione che si commenta da sola, sorge quindi il dubbio su quale sia la cultura occidentale nel vestiario di una donna dato che nelle nostre spiagge “occidentali” non sono poche le suore con il saio. La differenza a questo punto, la fa la religione e la cultura a cui si appartiene. Proprio come per le suore che vestono secondo un preciso codice sulla base di una scelta di vita, la discriminante dovrebbe essere se il burkini venga indossato per libera scelta o per costrizione.

Insomma la questione è un altra. Il problema è che il corpo della donna torna ad essere al centro del mirino delle paure dei governi europei. Il binomio donna-islam crea disagio, soprattutto di questi tempi in cui si associa con superficialità il musulmano al terrorista e a una cultura che non tiene conto della libertà di scelta della donna. In parte è vero e in parte no.
Prendiamo i Tuareg. Popolo nomade dell’Africa sahariana e subsahariana (Mali, Algeria, Niger, Burkina Faso e Nigeria) e di fede islamica. Qui le donne hanno un’emancipazione che non si riscontra in nessun’altra società musulmana.
Hanno il capo scoperto (a differenza degli uomini), possiedono la tenda e gli animali, scelgono quando divorziare dal marito, corteggiano i loro spasimanti, possono risposarsi più volte dopo la fine di una relazione e possono ricevere l’eredità da parte dello zio paterno (perché il legame con i figli della sorella è certo, a differenza di quello dei figli della propria compagna).
Vogliamo vedere i loro bellissimi visi
ha risposto un nomade alla fotografa Henrietta Butler quando ha chiesto il perché le loro donne non indossassero il velo.
La discendenza genealogica proviene dalla madre, ma la società non è matriarcale. Sono gli uomini a prendere le decisioni più importanti. Ben accetti, però, i consigli di mogli e madri.
Bellissimo articolo, anch’io avevo pensato alle suore quando Valls aveva fatto quelle dichiarazioni… mi sembra una posizione poco laica proprio in nome della laicità. Se voglio andare in spiaggia coperto, non do fastidio a nessuno e non impongo a nessuno di coprirsi, che male faccio? Se si fosse parlato di burka, o anche di niqab, si poteva parlare di ordine pubblico… quello che ha detto ieri la Merkel mi sembra più sensato: se in Germania una va in giro col burka vuol dire che rifiuta l’integrazione. Ma questo è un altro discorso, e richiede una profonda riflessione e risposte diverse…
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Anche se io e te dovessimo andare in giro a volto coperto saremmo passibili di denuncia o comunque la polizia potrebbe fermarci per identificarci. La questione del burkini è una delle solite bufale a cui aggrapparsi in mancanza di argomenti. L’integrazione, a mio avviso, non passa dal vestiario (per fortuna), altrimenti dovremmo vestirci tutti uguali.
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Anche in Marocco e Senegal le donne hanno prerogative simili, bell’articolo almeno si pareggia un po con il bailamme sul burkina, si parla sempre di altro per distogliere l’attenzione dai veri problemi.
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