Chi sono Sheikh Hasina e Khaleda Zia? Per gli Europei nessuno, ma in realtà sono tra le figure politiche più in vista nell’area al di sotto dell’Himalaya. Sono le due donne più potenti del Bangladesh e da anni monopolizzano la vita pubblica nel Paese bengalese.
Sheikh Hasina: nata il 28 settembre 1947, Hasina è il primo ministro del Bangladesh, carica che detiene dal 2009. È la leader del partito di governo, la Lega Popolare Bengalese, (Lega Awami), che noi Europei potremmo definire semplicisticamente di centrosinistra. Sulla carta è un partito laicista e pluralista. È figlia d’arte in quanto sua padre è stato Sheikh Mujibur Rahman, presidente del Paese e uno dei massimi fautori dell’indipendenza dal Pakistan.
Khaleda Zia: nata il 15 agosto del 1945, Zia è stata la moglie del presidente bengalese Ziaur Rahman, ucciso nel 1981 in un attentato. Adesso è leader del Partito Nazionalista del Bangladesh (Bnp) e rappresenta l’ala islamica più intransigente del parlamento.
Queste due donne sono sulla cresta dell’onda da 25 anni, e sono protagoniste non solo degli scontri politici, ma anche di quelli religiosi. Come in molti altri Stati della regione, le tensioni religiose sono all’ordine del giorno. Musulmani e hinduisti non vanno sempre d’accordo. Se poi ci si mettono di mezzo anche i “senza dio”, allora le cose non possono che peggiorare. Seppur divise politicamente, queste due donne sembrano aver trovato una sintesi, ossia quella di rendere la vita difficile ai blogger e al loro diritto di libertà di stampa e pensiero. Soprattutto, appunto, a quelli laici e atei.
Non è un’espressione di libertà di pensiero, sono solo parole oscene. Perché una persona dovrebbe scrivere cose del genere? È inaccettabile che qualcuno scriva contro il nostro profeta o altre religioni
ha scritto Gwynne Dyer su Internazionale facendo riferimento alla “laica” Hasina. Nel 2015 quattro blogger sono stati uccisi per aver espresso opinioni contro la religione.

L’ultimo, in ordine di tempo, è stato Nazimuddin Samad, 28 anni, studente di legge e blogger ucciso a colpi di machete il 6 aprile 2016 a Dhaka, la capitale. Ufficialmente c’è il rimpallo delle accuse tra i vari partiti parlamentari, ma la sensazione, scrive Dyer, è che questa strategia del terrore nei confronti degli atei sia vantaggiosa in un Paese con una forte propensione alla religione. Insomma gli atei e i blasfemi “se la cercano”. Dalle autorità, silenzio e omertà.