La crisi migratoria di questi anni ha messo l’Europa con le spalle al muro e il muso dinnanzi al suo fallimento. Le istituzioni non hanno retto l’urto della massa di disperati che fugge dalle guerre e gli Stati nazionali hanno ripreso (sempre che lo abbiano perso) il sopravvento sugli enti comunitari. Si veda la costruzioni di muri e barriere, non ultima quella austriaca al Brennero. Per far fronte all’emergenza l’Europa ha bisogno di aiuti e ha messo mano al portafogli. A beneficiare dei soldi comunitari, in primis, la Turchia, con cui l’Ue si è accordata per circa 6 miliardi di euro per il contenimento dei propri confini ed evitare l’emorragia di migranti. Oltre Ankara, l’Europa ha trovato altri interlocutori. I Paesi africani da cui partono disperati. Questo nuovo patto si chiama Migration compact e prevede:
- Progetti di investimento per nuove infrastrutture
- Africa bond: titoli finanziari con cui far partire questi nuovi progetti. Agevolazioni per far entrare nei mercati che contano anche i Paesi africani (Anche se la Germania è contraria).
- Cooperazione per la sicurezza
- Opportunità di migrare legalmente
- Reinsediamenti
- Controlli dei confini
- Cooperazione per rimpatri e riammissioni

Si torna a parlare di Africa, perchè conviene. Conviene avere un Maghreb stabile e solido così da bloccare i flussi verso il Mediterraneo. In particolare la Libia, che in questi giorni sta vedendo la transizione verso un governo di unità nazionale dopo anni instabilità e lotte intestine. Insomma si pagano altri Paesi affinché siano loro a mettere un freno agli sbarchi. Una sorta di esternalizzazione. I dubbi rimangono, però, soprattutto sui metodi di contenimento e del rispetto dei diritti umani.