Ci sono paesi nel mondo in cui è meglio non fare il giornalista. O se lo si vuole fare, è bene stare attenti a chi si pesta i piedi.
Il 29 marzo 2016 la collega ex Le Monde, Florence Hartmann è stata rilasciata dopo una detenzione di circa 7 giorni. La donna è stata arrestata dalle forze di sicurezza Onu durante la lettura della condanna a 40 anni di Radovan Karadzic, responsabile del massacro di Srebrenica nel 1995. L’accusa alla Hartman è stata quella di aver pubblicato documenti secretati riguardanti il coinvolgimento di Belgrado nell’eccidio. La detenzione, in condizioni durissime, (controllata ogni 15 minuti e con la luce accesa 24 ore su 24) ha scatenato la violenta reazione dei media mondiali. Ma non è un caso isolato. Fare il giornalista non è sempre facile. E non parlo di cronaca spicciola, ma di veri e propri servizi alla comunità. Soprattutto quando si parla di andare contro il potere. Sono stati rilasciati poche settimane fa Can Dundar e Erdem Gul, rispettivamente direttore e caporedattore del giornale turco Cumhuriyet, arrestati nel novembre 2015 con l’accusa di aver scoperto i traffici tra Ankara e la ribellione siriana. Un tentativo di porre limiti alla stampa. Sempre in Turchia le forze dell’ordine si sono rese responsabili del blitz contro il giornale d’opposizione Zaman, ordinandone il ricambio al vertice con figure più allineate con la volontà di Erdogan.
Non parliamo poi del Messico, dove sempre più giornalisti scompaiono per mano di bande armate.
Il sito Reporter without borders stila ogni anno una speciale classifica dei Paesi che tutelano la libertà di stampa.

Più il colore si fa scuro, più il diritto alla libertà di informazione è negato. Quelli in bianco sono i Paesi virtuosi. Risaltano la Scandinavia, il Canada, il centro Europa e a sorpresa la Namibia che su 180 posti si classifica 17esima. Primo posto comunque per la Finlandia.
Male, anzi malissimo l’Asia. Il rosso e il nero non lasciano dubbi al riguardo, anche se è l’Eritrea a porsi all’ultimo posto della classifica.
Qui le carte 2014 e 2013.


E l’Italia? Il Bel Paese non è annoverabile tra i virtuosi. Anzi. Nel 2013 è al 57esimo posto, nel 2014 al 49esimo e nel 2015 al 73esimo.