Fare il writer e il fotografo in zone di guerra: intervista a Nicholas Ganz

Essere in zone di guerra comporta, per me, trovarmi in situazioni contrastanti. In qualche modo sfrutti le persone, hai bisogno delle loro terribili storie, costringendole a ricordare sparatorie e violenze. Spesso scoppiano in lacrime di fronte a te, ma io sono un essere umano e nonostante faccia il giornalista, sono spesso toccato dalle loro storie

 

Con queste parole Nicholas Ganz presenta la sua esperienza in zone difficili. Burma e Nepal in primis, tra i rifugiati, i senza tetto e i profughi che cercano altrove una vita migliore. Ha fatto il giornalista, il writer, l’attivista politico e il fotografo. Ha fatto dell’arte visiva il suo “medium”. Attraverso l’immagine trasmette messaggi, emozioni, sensazioni.

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Nella chiacchierata che io e la mia collega Clara Amodeo abbiamo fatto con lui, Nicholas ci ha insegnato che nel giornalismo, soprattutto quello da campo, in zone complesse, bisogna sempre mantenere la propria umanità. I reporter non sono automi, sono esseri umani e come tali si lasciano coinvolgere dalle storie che raccolgono. Il manuale del perfetto reporter non esiste. L’unica cosa che si può fare, in certe situazioni d’emergenza, è portare il proprio contributo al servizio che si fa. L’umanità del giornalista si vede anche attraverso i propri servizi e spesso, come dice Nicholas, certi incontri e certi racconti ti cambiano la vita.

Ma lasciamo la parola a Nicholas nell’intervista realizzata insieme a Clara Amodeo.

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