La guerra conviene sempre, perchè fa girare i soldi. Banale, ma è così. L’industria bellica è sempre in funzione e anche in questi giorni concitati per gli attacchi a Parigi l’argomento è scottante. In Italia tiene banco la spedizione di armi verso l’Arabia Saudita, avvenuta non solo lo scorso 18 novembre, ma anche il 29 ottobre 2015 (come denunciato da Amnesty International), giorno in cui l’Unione Europea ha insignito il blogger saudita incarcerato a Riyad, Raif Badawi, del premio Sakharov.
Hollande, dopo gli attentati di venerdì scorso, ha dichiarato che la Francia è in guerra. Ma il problema è che spesso le armi fornite in certe aree del mondo finiscono in mano ai terroristi. Armare il proprio carnefice? Verrebbe facile dire di sì, ma bisogna essere cauti. Stiamo ai dati.
Marco Cesario, de Linkiesta scrive che
Secondo le cifre pubblicate nel rapporto parlamentare sulle esportazioni di armi della Francia, nel 2014 Dassault Aviation ha totalizzato 8,21 miliardi di euro di guadagni, miglior risultato degli ultimi 20 anni, anche migliore dei risultati del 2009 (8,16 miliardi) e del 1998 (8,18 miliardi). Le cose nel 2015, dopo quindi gli attentati di Charlie Hebdo, sono migliorate a dismisura per l’industria degli armamenti francese.
Un bel numero. Ciò è confermato anche dai dati del Ministero della difesa francese comparsi sul sito dell’Ispri.
Oltre 7 miliardi di esportazione in Medioriente. E per il 2015 si prevede un ulteriore incremento dei ricavi. Solo ad agosto Parigi ha incassato 8,5 miliardi. I clienti più fidelizzati? Qatar, Arabia Saudita e Kuwait.
Tuttavia il maggior importatore di armi al mondo rimane l’India. Secondo i dati raccolti dall’Ispri Nuova Delhi ha sborsato più di 5 miliardi nel 2013 e più 4 nel 2014. Seguono Emirati Arabi e Cina. Ma chi vende? In testa gli Usa che hanno sforato i 10 miliardi nel 2014 e poi Russia con 8,4 miliardi nel 2013 e 5,9 nel 2014. L’Italia nel 2014 ha fatturato circa 786 milioni.

Ma le armi convenzionali sono solo una parte del mercato mondiale. Ci sono anche quelle nucleari. L’organizzazione Don’t bank the bomb ha raccolto dei dati riguardo i finanziamenti degli armamenti nucleari. Secondo il rapporto di quest’anno (lo si può leggere qui) sono 382 le banche che aprono volentieri i cordoni della borsa. La maggior parte si trova in Nord America (238), 76 sono in Europa, 59 in Asia e 9 in Medioriente. 27 i Paesi coinvolti. Le prime tre hanno un giro di 95 miliardi di dollari. In Usa sono Capital Group, State Street e Blackrock. In Europa spiccano la Bnp Paribas (Francia), Royal Bank of Scotland (Uk), Crédit Agricole (Francia).
Per quanto riguarda le aziende produttrici, i maggiori investimenti arrivano dalla Boeing (77 milioni di dollari). Al secondo posto la Honeywell Int. con 66 milioni e medaglia di bronzo per la Lockeed Martin con 48 milioni C’è anche l’italiana Finmeccanica con una spesa di 12 milioni.

La pace…la vogliono tutti, ma nessuno la ama.