Droni: immagini, non bombe

Sembra un videogioco, ma non lo è.

Se è confermata l’autenticità di questo video, sarebbe davvero pazzesco. Inutili tanti giri di parole. Usare un drone per documentare una guerra o una vicenda è senza dubbio l’ultima frontiera del giornalismo. Ci sono i modelli che bombardano con “ordigni intelligenti” e che intelligentemente colpiscono obiettivi civili, e ci sono quelli che mostrano scene che potremmo vedere solo in film d’azione. Carrarmati che sparano, uomini che fuggono, case distrutte. La visuale è quella del miglior Age of Empire, celebre gioco di strategia che ha accompagnato l’adolescenza di molti trentenni di oggi, con una visuale dall’alto, con i soldatini piccini piccini che giocano a rincorrersi tra i vicoli di edifici presi di mira dall’artiglieria. I droni sono già stati usati per riprendere le condizioni della Costa Concordia adagiata sulle spiagge del Giglio, ma anche in contesti bellici tornano molto utili.

Qui sorge la domanda: è meglio documentare sul o da sopra il campo? Sono due prospettive diverse. La prima riprende elementi e dettagli altrimenti inconoscibili, affondando nel problema. La seconda permette uno sguardo più ampio, meno selettivo. Due modi diversi per un unico scopo, documentare un fatto. Immaginate una diretta tv di uno scontro a fuoco…

Trasversalmente si può parlare anche dell’automazione a uso e consumo del giornalista. Quanto effettivamente la macchina può sostituire l’uomo: una domanda scontata e di vecchia data. Il drone può attraversare scontri a fuoco senza mettere a repentaglio la vita di un reporter, ma di certo serve l’ingegno umano per sapere cosa e quando inquadrare.

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