Per un accordo fatto, un altro salta. Il governo di Bogotà ha il suo bel da fare in ambito diplomatico per cercare di mitigare i conflitti e le crisi che la dilaniano. Partiamo con ordine. Il confine tra Colombia e Venezuela scotta. L’accordo di Quito, in Equador, supervisionato dal presidente urugayano Tabare Vazquez e quello equadoreno Rafael Correa, scricchiola.

Il presidente venezuelano Maduro ha deciso di chiudere la frontiera con la Colombia a seguito del ferimento di alcuni soldati lo scorso 21 luglio e nonostante l’accordo in 7 punti, si continua a fare melina. Progressivamente hanno chiuso Tachira, Zulia e Apure. L’obiettivo è anche quello di bloccare il narcotraffico e il contrabbando tra i due paesi. I Colombiani che vivono nei paesi limitrofi al confine vivono di illeciti e la decisione di Caracas ha messo in crisi questo mercato. In Venezuela vivono 6mila colombiani a pieno diritto e, secondo Il Manifesto, è iniziato un censimento per registrare tutti coloro che formeranno il Movimento dei Colombiani per la pace.
Secondo le prime cifre, oltre 3.000 persone si sono già tesserate a Caracas, altre 5.000 nel Zulia e oltre 8.000 nel Tachira. Da Bogotà a Caracas, diverse organizzazioni popolari colombiane, che appoggiano la soluzione politica con la guerriglia, hanno difeso il governo venezuelano dagli attacchi dell’estrema destra di Uribe e dello stesso Santos: il quale cerca di recuperare i voti delle destre in vista delle regionali del 25 ottobre.
La scadenza elettorale riguarda anche il Venezuela. Il 6 dicembre ci sono le parlamentari e Maduro cerca di rafforzare lo zoccolo duro del 60% dei favorevoli alle sue politiche frontaliere.
Ma i problemi sono anche interni. Le Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane dal ’64 a oggi hanno dato parecchio del filo da torcere a Bogotà (con una guerra che in 50 anni ha fatto 200mila morti) e adesso pare esserci una nuova tregua siglata a settembre all’Havana. Quanto possa reggere questo accordo è tutto da vedere. L’ultimo in quel di Cuba è stato nel 2001 con Santos, ora presidente colombiano, al tempo ministro della difesa. Sembrava fatta eppure l’accordo non è stato trovato. Per ora ci si è accordati su un cessate il fuoco bilaterale. La Corte Penale Internazionale prenderà visione del patto, ma le organizzazioni per i diritti umani già denunciano che i colpevoli di abusi e crimini non verranno perseguiti e che non passeranno nemmeno un singolo giorno in prigione.
Bloccare 1400 km di frontiera non è uno scherzo… gli Stati Uniti come si pongono in questo scontro? Neutrali o appoggiano più o meno apertamente la Colombia? E le nostre mafie risentono di questa iniziativa di Maduro, se non altro per le difficoltà ai narcotrafficanti? Perché se solo fosse così (io credo di si) lo sforzo dovrebbe essere aiutato da tutta la comunità internazionale… buona serata
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Ammetto di non sapere cosa gli Usa pensino. Ammetto che mi cogli impreparato stavolta. Posso provare a dare una risposta di massima. Il sistema economico Colombiano è liberista, a differenza di quello Venezuelano che è socialista. Molto probabile, viste le acredini passate tra Usa e Venezuela in passato, che Obama stia più dalla parte di Bogotà che non di Caracas. Riguardo la questione del narcotraffico, dubito che Maduro possa porre un limite chiudendo le frontiere. E’ un tentativo, nobile, ma secondo me inutile. I trafficanti se vogliono passano ovunque. Sono frontiere porose quelle nel sud America.
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