Quando sei in un posto, comprendi quanto ci si sbagli a volte riguardo un popolo. Si tende spesso a fare di tutta l’erba un fascio; sbagliato.
I Greci del sud e i Turchi del nord non sono “diversi” tanto per la lingua, la religione o un passato burrascoso, ma soprattutto per come concepiscono l’appartenenza alla madre patria.
Arrivato all’alba a Nicosia sud mi fermo in un bar a Ledra Street a fare colazione. Caffè cipriota per cominciare. Sono l’unico cliente a quell’ora e il proprietario del bar, Adonis, si ferma a parlare con me. Un tipo simpatico, di quei bonaccioni con cui fa sempre piacere fare due chiacchiere. Non mastica molto l’inglese, ma ci capiamo bene. Da dove sono seduto vedo il check point che porta nell’altra metà del cielo, nella repubblica turca.

Di Adonis mi colpisce molto il suo attaccamento alla Grecia, quella continentale.
Ah italian! Greeks and Italians are brothers, we are brothers.
mi dice ridendo non appena gli faccio notare la mia provenienza. Il suo atteggiamento mi dà da pensare. Si sente greco a tutti gli effetti. Fa continui riferimenti a Tsipras, alla crisi economica di Atene e, soprattutto, alle squadre di calcio della lega ellenica. Sono stato io a chiedere qualcosa delle squadre di calcio locali. Adonis cita a malapena l’Hapoel Nicosia, che peraltro ha giocato anche in Champions League. Ma poche frasi. Incensa, invece, il Panathinaikos, l’Olimpiakos e l’Aek Atene.
In un bar nel villaggio di Pyrga, ho modo di “apprezzare” la televisione cipriota…ops, greca. Per quanto non comprenda nulla di greco (qualche reminescenza del liceo, ma niente di più) vedo nelle immagini i soliti volti dei politici di Atene e i “falchi” delle istituzioni europee. Per non parlare dello sport. La vittoria della Grecia sulla Turchia agli europei under-18 di basket ha coperto buona parte del palinsesto.
Dall’altra parte della barricata, invece, le cose stanno un po’ diversamente.
I turco-ciprioti sono maggiormente orgogliosi della loro identità. Anche se l’economia del nord dipende in larga parte da Ankara, le differenze ci sono. Me lo dice George Lordos, un esule greco da Famagosta a seguito dell’invasione turca del ’74.
Sono Turchi, parlano la stessa lingua, ma allo stesso tempo tengono a una certa indipendenza culturale da Ankara. La pronuncia di alcune parole è diversa e non per il dialetto, ma proprio per una scelta di volersi distinguere dalla madrepatria
Mi fa l’esempio di Famagosta, in turco Gazimağusa. Sul continente si pronuncia come è scritta, mentre a Cipro si pronuncerebbe “Gazimausa” o “Mausa”.
Anche la parola per Nicosia è diversa. Lefkosa in turco continentale, “Lefkose” in turco-cipriota.
Piccolezze, ma che contano.
Nonostante ciò l’ombra di Ankara è sempre presente. Durante la festa nazionale del 1 agosto a Nicosia nord, ovunque campeggiavano bandiere bianche con la mezzaluna rossa (isolane) e quelle rosse con la mezzaluna bianca (Turchia continentale).
Inoltre i turcociprioti sono meno dei turchi immigrati dal 1974 a questa parte e, secondo Gwyne Dyer su Internazionale del 4 agosto 2015, devono affrontare la forte islamizzazione di una società tradizionalmente laica.
Insomma, Cipro non è solo la zona cuscinetto che ora è vista come un “impiccio” diplomatico, politico e sociale, ma è anche una questione identitaria tra Grecia e Turchia. Un derby infinito…chissà cosa ne direbbe il buon Adonis…
Bell’articolo come sempre. Dunque per quanto riguarda l’islamizzazione i turchi di Cipro non sono molto diversi dai turchi di Ankara… Erdogan si fa sentire anche lì?
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Si fa sentire, ma i turco-ciprioti sono ostinati. Dipendono economicamente, ma politicamente vogliono mantenere una loro identità.
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