La Nato ha ancora motivo di esistere?

Ormai siamo in un mondo multipolare. La guerra fredda si è conclusa 26 anni fa e i due blocchi hanno lasciato il posto a una multitudine di centri di potere. Stati Uniti, Cina, Russia per citarne alcuni, senza considerare le potenze emergenti come India o Sud Africa e i regionalismi come in Oceania con l’Australia. Sicuramente gli Usa sono l’attore principale nelle strategie internazionali, anche se, con la presidenza Obama, le ambizioni globali di Washington si sono drasticamente ridotte rispetto agli anni passati (presidenza Bush).

In un contesto come questo, le “alleanze mobili” in base alla situazione nella quale si interviene, sono una delle soluzioni per risolvere le crisi sparse per il mondo, tuttavia ancora resiste il blocco militare della Nato.

I paesi membri della Nato. Grafico da Wikipedia
I paesi membri della Nato. Grafico da Wikipedia

Costituito nel 1949, in pieno conflitto Usa-Urss, il Patto Atlantico aveva ragione di esistere in quanto punto di riferimento militare per i paesi filoamericani contro quelli filosovietici che formavano il Patto di Varsavia (1955). Ma oggi? Ora che l’orso “rosso” è stato sommerso dalle ceneri del muro di Berlino, che motivo ha di esistere?

Nei primi anni ’90 si è discusso molto sulla funzionalità della Nato in un contesto diverso da quello in cui è stata concepita e molti paesi europei hanno perso interesse nella coalizione. Adesso che la Russia, al netto della crisi economica che l’attraversa, è tornata a ruggire in Ucraina, molti paesi del vecchio continente, specialmente quelli dell’est, ripensano all’utilità del Patto.

Mosca può essere quindi un aggregatore in seno alla Nato? Sì e no. Secondo Alessandro Colombo, docente di relazioni internazionali all’Università di Milano, la Nato è emanazione diretta della politica estera statunitense e non stupisce l’egemonia di Washington all’interno della coalizione.

In un certo senso, essa è regionale e globale ( anche se il termine globale è fuorviante e si presta a malintesi) allo stesso tempo. E’ regionale perchè la garanzia di difesa è offerta solo ai suoi Membri che insistono in una area geografica definita. E’ tuttavia globale nel senso che, nella fase storica attuale e futura, per assicurare tale garanzia la Nato potrebbe intervenire anche a distanza notevole dal perimetro territoriale dei suoi Membri, laddove origina la minaccia

dice l’ambasciatore Giancarlo Aragona, membro del gruppo di esperti incaricato di formulare proposte per il Nuovo Concetto Strategico della Nato.

Jens Stoltenberg, attuale segretario generale della Nato.
Jens Stoltenberg, attuale segretario generale della Nato.

Si parla di “Concetto Strategico” ossia il documento che descrive la politica internazionale della coalizione. É esso una cartina di tornasole della suscettibilità dell’organizzazione alle trasformazioni geopolitiche.

Sempre secondo Colombo, il Patto Atlantico è stato uno dei pochi organismi ad aver compreso i cambiamenti globali. Dal 1967 al 1990 la Nato ha applicato un unico “Concetto Strategico”, sintomo di un mondo monolitico, poco incline ai mutamenti.

Dagli anni ’90 a oggi, il documento è stato modificato quattro volte. La prima volta subito dopo la caduta dell’Urss, poi nel 1999, nel 2002 e l’ultimo nel 2010.

La pubblicazione del 2013 di Maurizio Riccò e Giuseppe Rocco (si legga qui il pdf) intitolata Il nuovo concetto strategico della Nato: tra giustificazione della propria esistenza e fucina di idee per i problemi del futuro pone al centro del dibattito proprio la questione dell’esistenza del Patto Atlantico. Nonostante questa sua capacità camaleontica di pianificare di volta in volta i propri interventi la Nato presenta degli evidenti problemi interni.

Innanzi tutto gli Usa hanno più volte criticato l’inerzia europea a rispettare gli accordi e ad aumentare le spese militari. In secondo luogo gli interessi dei singoli Stati hanno un peso notevole. Si guardi la Russia. L’Europa è spaccata in due. La Germania ha forti interessi a Mosca, così come l’Italia e la Francia. Polonia, Lituania, Estonia e Lettonia, invece, guardano Putin con timore.

Inoltre, aggiunge Colombo, le attuali crisi sparse a macchia di leopardo rappresentano un pericolo per “l’ordine mondiale” che si è cercato di creare intorno agli interessi di alcuni Stati. L’incapacità di gestire un gran numero di situazioni potenzialmente esplosive (Medio Oriente e Africa) non permette sempre la concertazione. Non c’è un nemico unico. A tal proposito, aggiunge Colombo, una crisi in Russia non è auspicabile. Si verrebbero a creare instabilità ancora più difficili da gestire.

Insomma, l’esistenza stessa del Patto Atlantico dipende non solo da fattori esterni, ma anche interni. Sul barcone Nato gli Usa sono al timone, ma a remare sono gli altri.

 

 

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. giomag59 ha detto:

    La Nato tra l’altro tiene conto degli interessi nazionali dei partecipanti, o principalmente di quelli americani? Perché l’impressione è che gli ultimi interventi (Kosovo, Libia, la pressione in Ucraina…) per l’Italia siano tutto tranne che vantaggiosi. O noi non contiamo niente (più che probabile) se non come acquirenti di F35, oppure non riusciamo a capire quali sono i nostri interessi?

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    1. Alessio Chiodi ha detto:

      L’Italia ha un problema cronico, quella del riconoscimento come potenza globale. L’unica arma che ha è quella di presenziare nei meeting internazionali per mostrare di essere presente e di contare qualcosa. Nella realtà dei fatti conta poco. Ha contato durante la guerra fredda per la posizione strategica, ma ora? Conta poco. Inoltre l’Italia non ha un politica estera credibile. Posizioniamo qualcuno nelle sedie che contano (vedi Mogherini), ma alla fine sono posizioni fittizie. Infatti la Mogherini nella questione ucraina ha sempre contato poco. All’interno della Nato gli Usa contano di più e come lei contano molto la Turchia, Inghilterra e Francia. Di certo le decisioni Nato non dipendono da noi.

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