Le relazioni internazionali sono così; ci sono Stati più grandi e più forti e altri più deboli e meno ricchi. I rapporti di forza danno spesso ragione ai primi.
La concentrazione mediatica sulla pressione migratoria nel Mediterraneo è intensa in questi giorni, ma non c’è solo il mare nostrum. I problemi legati ai flussi di disperati riguardano anche altri Paesi, anche quelli lontani.
Un esempio è l’Australia. Il governo di Canberra, nel 2001, ha stretto un accordo con la piccolissima repubblica di Nauru, un’isoletta di 21 km quadrati nel mezzo dell’Oceano Pacifico a 4.500 km dall’Australia, chiamato Pacific Solution.
Nauru è vissuta principalmente delle esportazioni di fosfato, ma terminate le riserve, sono subentrate necessità di dipendenza da Paesi più ricchi. Uno di questi è l’Australia. Mai occasione è stata più ghiotta per l’allora premier John Howard che all’epoca era in cerca di un territorio da destinare alla ghettizzazione dei richiedenti asilo.
In cambio di aiuti economici, Nauru ha concesso parte della sua terra agli Australiani e tutt’ora sull’isola esistono due tendopoli che ospitano circa 900 richiedenti asilo.
Siamo noi a decidere chi entra in questo paese e le circostanze in cui lo fa
aveva dichiarato Howard, mostrando il pugno duro contro gli ingressi illegali.
Il video qui sopra, pubblicato da Sabika Shah Povia su “The Post Internazionale“, riassume in breve le politiche oltranziste dell’Australia. La colonizzazione di Nauru e lo sfruttamento del suo territorio hanno messo Canberra sotto l’occhio vigile di Amnesty International. Il dossier prodotto da Philipp Moss, ex commissario per l’integrità, ha scoperchiato il vaso di Pandora. Condizioni igieniche inesistenti, abusi continui e una crisi sociale che rischia di esplodere con violenza.
Non c’è alcuno scopo nella detenzione dei richiedenti asilo a Nauru, oltre a quello di penalizzarli per aver cercato asilo
dichiara Amnesty.
L’attuale premier Tony Abbott, inoltre, ha previsto di sborsare una gran quantità di denaro per convincere altri Paesi (non solo quelli di origine dei richiedenti asilo) a ospitare i transfughi. Alcuni tornano volontariamente, altri no.
Un esempio è la Cambogia, uno dei Paesi più interessati dal fenomeno emigratorio e che percepirebbe circa 7 milioni di dollari per il “servizio di smaltimento rifiuti”.
Per convincere gli immigranti a trasferirsi sul continente asiatico, alcuni documenti distribuiti dalle forze dell’ordine descrivono la Cambogia come “un paese sicuro e dove la polizia fa rispettare l’ordine e la legge”. Poco importa se il Dipartimento di Stato degli Usa ha dichiarato esattamente l’opposto.
Intanto a Nauru si rischia l’implosione. L’isola non ha risorse sufficienti per soddisfare le esigenze di tutti. Gli immigrati sono di origine iraniana, pakistana, uigura, somala e sudanese e non è detto che in condizioni così precarie vi sia una facile integrazione con i locali. Un esempio proviene dall’inverno 2013 quando, nella notte tra il 19 e il 20 luglio, alcuni residenti armati di machete sono scesi in strada al fianco della polizia nel tentativo di sedare una rivolta degli immigrati nel centro di detenzione.
C’è una nota tristemente curiosa in tutto questo. L’Australia è stata la colonia penale dell’impero britannico durante il XVIII secolo (si pensi al centro detentivo di Botany Bay) e oggi, da vittima, diventa carnefice. Si fa pulizia degli indesiderati, proprio come gli inglesi nel ‘700. Poco importa se queste persone sono dei disperati in cerca di aiuto. Nauru è la nuova Australia. Funge da tappeto. Meglio nascondere tutto lì sotto.
Bellissimo articolo, hai svelato un lato dell’Australia che mi era sconosciuto. L’idea dell’isola per i richiedenti asilo potrebbe anche solleticare qualcuno a casa nostra, hai visto mai, non bastassero i CIE… la figlia di un’amica e’ in Australia, ha fatto il visto per 6 mesi, ha lavorato e rinnovato, ed è entusiasta.. certo la condizione e’ ben diversa da quella di rifugiato. Che grande contraddizione, un popolo di reietti che rigetta altri reietti.
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Ti ringrazio. Purtroppo le politiche australiane sono molto sfrontate in Oceania. L’unica potenza che può competere è la Nuova Zelanda. Va da sè che le altre siano delle comparse e che subiscano inevitabilmente la pressione australiana. Un pò come in centroamerica con gli Usa.
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