“L’Italia ripudia la guerra”. Un po’ meno le armi

L’articolo 11 della Costituzione recita

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

non sarebbe sbagliato aggiungere un comma “ma non disdegna di mercanteggiare armi”.

In data 20 febbraio 2015 si è svolto a Brescia un incontro sul tema delle armi dal titolo Produzione, esportazione e riconversione: chi controlla il commercio di armi organizzato dall’Opal (Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere) in occasione del suo 10° anniversario. Per l’evento è stato anche redatto il VI annuario con alcuni dati sulla produzione e vendita di armi all’estero.

Internazionale.it ha già pubblicato due tabelle al riguardo utilizzando i dati Opal. Cosa risulta? Che l’Italia è il maggiore esportatore di armi leggere al mondo.

Qui alcune infografiche da me redatte per spiegare meglio il fenomeno:

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L’Italia non è produttrice di grandi armamenti e si limita a commerciare arsenali di piccolo taglio. In particolare sono armi utilizzabili in battute di caccia o che vengono fornite in dotazione alle forze dell’ordine.

Già nel 2013 il Fatto Quotidiano aveva reso note le analisi della Ihs, il colosso americano degli studi di mercato, facendo presente che l’export dello stivale era aumentato del 57% a partire dal 2008. Tra le aziende leader del settore c’è Finmeccanica con i suoi 14,41 miliardi (dati 2012), terza in Europa e nona nel mondo nell’industria della difesa.

Il Sipri, Stockholm international peace institute, nel 2012 rivelò che le grandi multinazionali delle armi avevano incassato 411 miliardi di dollari. Disse al tempo Susan Jackson, capo dell’Arm production project dell’istituto svedese

Un fattore importante nell’esaminare i tagli alle spese militari è considerare cosa viene tagliato nei bilanci. Per esempio, sono spese correnti? Approvvigionamento di armi? Solo una parte di queste spese, e quindi di questi tagli, hanno un impatto diretto sul settore industriale bellico

La crisi non s’è fatta sentire per il reparto della difesa, questo è certo, soprattutto in un periodo dove i venti di guerra soffiano impetuosi sul fronte ucraino, siro-iracheno e libico. La lista delle aziende è lunga; Lockheed Martin, Northrop Grumman e Global Hawk (per approfondire si legga qui).

In Italia è la provincia bresciana a garantire i rifornimenti. Con l’export in Nord America ha guadagnato circa 138 milioni nel 2013, confermando una crescita delle vendite in quel continente iniziata nel 2011. Con l’Europa, dopo il picco al ribasso nel 2007, la situazione si è stabilizzata, mantenendosi costante. Dai 117 milioni del periodo pre-crisi si è arrivati agli 80 del 2013 (Si vedano qui alcuni dati al riguardo).

Ma cosa offre il catalogo?

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E il mercato? Per concludere, vediamo da dove arriva la domanda.

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