Passare la frontiera non è mai semplice, specialmente se si è da soli e si hanno 19 anni. In questo post voglio raccontare il viaggio di tre mesi del giovane Alessandro M., classe ’94, originario della Valtellina e che ha deciso di fare un’esperienza tra Marocco e Senegal, passando per la “terra di nessuno” del Sahara occidentale e la Mauritania.

Alessandro, cosa ti ha spinto ad andare laggiù, tra ottobre e novembre 2013?
Volevo vedere il sistema in cui avevo sempre vissuto da fuori. Viverlo dal punto di vista di una cultura all’antitesi rispetto alla nostra.
Per curiosità?
Sì, soprattutto per apprendimento.
Da dove sei partito?
Orio al Serio, Bergamo. Sono poi atterrato a Marrakech.
Sei arrivato in Marocco e da lì sei andato verso sud, verso la Mauritania e poi in Senegal. Mi dici come hai affrontato il viaggio?
Di base sono partito con lo zaino, una tenda, un tablet e oggetti per surfare. Il minimo indispensabile. Dormivo dove capitava o in ostelli. Una nota curiosa ha riguardato la mia visita alla periferia est della città. Arrivato lì, un gruppo di ragazzi mi ha invitato a non entrare e a tornare indietro, quasi fosse un quartiere interdetto agli estranei. Mi è sembrato di essere in un film. Sono anche entrato nelle case tradizionali ad Essaouira, in particolare in quella di un maestro di musica tradizionale chiamata gnawa. “Sono stato in Italia”, mi ha detto, mostrando un manifesto in cui appariva accanto al cantante Enzo Avitabile. Queste abitazioni da dentro sembravano caverne. Costruite in mattoni e sabbia. Erano irregolari, come un formicaio. Assomigliavano a un’opera di Gaudì.
Non sembra che tu abbia avuto grandi problemi.
Ho avuto la febbre. Dormivo poco, mi spostavo di continuo e la stanchezza e lo stress si sono fatti sentire.
Come ti spostavi principalmente?
Passaggi casuali, ma ad Agadir ho comprato una moto. E la benzina? Avevo delle taniche per il viaggio.
Sei stato ad El Ayun, capitale del Sahara occidentale. Hai notato qualcosa di diverso rispetto al Marocco? La gente, l’atmosfera o le persone con cui ti sei relazionato?
C’era un’atmosfera desertica. Tutto sembrava offuscato, quasi triste. Presso il villaggio Akhfnir ho conosciuto fortunosamente un Tuareg. L’ho incontrato in una tajineria e abbiamo iniziato a parlare in francese.
Ecco, cosa ti ha raccontato? Usi, costumi e usanze del suo popolo?
Mi ha parlato dell’uso di bere té nelle tende e di spostarsi con i dromedari. Mi ha anche detto che un dromedario può costare perfino più di una macchina.
Sei nel bel mezzo del Saharawi. Mi viene spontaneo chiederti se ti ha parlato dei rapporti con i “connazionali” del nord.
Con la popolazione del nord i Tuareg non si relazionano molto. Non hanno interesse a parlare nemmeno la stessa lingua. La base culturale è simile, ma non c’è la volontà di trovare una sintesi. Le donne si sposano con uomini della stessa etnia e non si spostano in città esterne dove non ci sono membri dello stesso gruppo. Mi ha anche citato il Fronte Polisario.
In particolare?
Mai nominare il Fronte in luoghi pubblici. Sono ancora vivi i dissapori tra Saharawi e Marocco. Accusano anche gli Spagnoli per aver “regalato” la loro terra ai Marocchini.
Sei quindi partito per la Mauritania, ma prima hai chiesto a questo sconosciuto di tenerti la motocicletta e alcuni tuoi oggetti, perché?
Non sapevo quali fossero le leggi per il passaggio con mezzi propri. Inoltre non ero certo di poter fare rifornimento. Mi sono fidato e ho rischiato. Al mio ritorno mi ha restituito tutto.
Sei quindi arrivato alla frontiera: cosa é successo?

Foto presa da http://commondatastorage.googleapis.com
Sono salito in macchina con degli uomini che dicevano di essere senegalesi. Mi hanno preso con loro, forse perché faceva comodo avere un bianco in macchina per passare meglio i posti di blocco. Ero una sorta di deterrente per le guardie di confine dal creare problemi. Giunti a Guerguerat, sono sceso dall’auto e ho aspettato per i controlli. Ho atteso che passassero prima i miei compagni di viaggio. Non volevo rimanere solo in Mauritania con gli altri impossibilitati a varcare il confine. Ho passato a piedi la terra di nessuno, dove ci sono ancora le trincee e le mitragliatrici. Ho anche letto dei cartelli che indicavano campi minati. Sono arrivato in Mauritania e ho fatto il visto. Durante la traversata nel deserto, poi, la macchina si è rotta e siamo rimasti in mezzo al nulla ad aspettare che qualche auto passasse. Per fortuna è passato un camioncino diretto a Nouakchott e ci sono salito. Sono arrivato nella capitale a notte fatta, ma a differenza di altri luoghi, l’atmosfera era così pesante e desolante che non ho avuto il desiderio di fermarmi a dormire lì. Ho subito cercato un passaggio verso sud, verso il Senegal. Non volevo rimanere lì.
Sei rimasto circa un giorno in Mauritania. Cosa ti ha colpito di più di quel paese?
Erano tutti poco socievoli. Incuriosiva, però, il fatto che tra loro ci fosse un bianco e così sono riuscito a scambiare qualche parola. In una specie di locanda avevano una televisione che trasmetteva programmi occidentali e la cosa che mi ha colpito di più è stata la considerazione che i locali hanno di noi.
Cioè?
Credono che quello che vedono in televisione rappresenta esattamente la nostra società, non capendo che è tutta finzione.
Una cattiva interpretazione di un messaggio. Accade la stessa cosa anche da noi nei loro confronti.
Esattamente. Credere che loro siano in un modo solo perché ci basiamo su stereotipi generalizzanti.
Qui una fotogallery di alcune foto fatte da Alessandro in Marocco e nel Saharawi.
Poi in Senegal.
Ho passato la frontiera su una zattera. Lì la dogana è meno formale rispetto a quella Mauritana, ma ho avuto il primo problema con il visto.
E come hai fatto?
Per entrare in Senegal devi avere un pernottamento prenotato e il biglietto di ritorno. Inoltre ero a corto di soldi. I controlli sono meno ferrei e sono entrato illegalmente. Ho prelevato dei soldi e sono ritornato alla frontiera. Sono entrato in un internet point e con un file word, trasformato in un pdf (unico tipo di file accettato) ho falsificato una prenotazione. Sono quindi tornato alla dogana e ho pagato una mazzetta per evitare i tre giorni di attesa per il visto.
Fammi capire. Sei entrato in Senegal illegalmente, falsificato un documento e poi tornato alla dogana. Saresti potuto scappare, dico bene?
Sì, ma avrei avuto problemi in seguito.
Come é stato il ritorno?
L’uscita dal Senegal non è stata problematica, ma l’ingresso in Mauritania mi ha creato non pochi grattacapi. Ho scoperto lì che quando ho attraversato il confine marocchino-mauritano, mi avevano fatto un visto con una sola entrata. Non sarei più potuto tornare lì. Vengo quindi arrestato e trattenuto per qualche ora. Mi hanno perquisito lo zaino e fatto domande e sono stato costretto a pagare un’altra mazzetta. Con una macchina sono stato quindi accompagnato fino a Nouakchott e durante il tragitto mi è sembrato di intravedere, nel senso contrario al nostro, una macchina molto sospetta.
Che intendi?
A bordo mi è sembrato di vedere uomini probabilmente armati. Il problema è stato che i tre uomini che mi stavano scortando abbiano fatto di tutto per non farmi notare quel particolare. Non so sinceramente chi fossero quegli uomini.
Poi cosa è successo?
Mi hanno lasciato a Nouakchott. Ho temuto di finire in qualche galera. Sarebbe stato facile per loro buttarmi in una cella e gettare via la chiave.
Per concludere: alla fine da Nouakchott sei riuscito a tornare in Marocco.
Sì. Sono rimasto in città per un po’, poi grazie a dei camionisti sono riuscito a tornare in Marocco. Dove mi sentivo a casa.
L’ha ribloggato su Alessandro 'Kim' Mezzera.
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