
Parlare di Ucraina significa parlare di una guerra in Europa. La guerra dell’est coinvolge tutte le istituzioni del vecchio continente e le ripercussioni sono di svariata natura, siano esse politiche, economiche o sociali.
In questi giorni si è tornati a parlare proprio di questo. I razzi caduti a Mariupol di recente (si veda qui l’articolo de La Stampa) hanno riacceso la crisi e la tregua tra i separatisti filorussi e il governo di Kiev è seriamente a rischio.
Non faremo più alcun tentativo nei colloqui per la tregua. Non vediamo alcun senso. Abbiamo già fatto questo errore una volta ma non lo faremo di nuovo. Se Poroshenko viene qui, parleremo con lui. Ma ora stiamo avanzando, quindi quali negoziati si possono fare?
Ha dichiarato Aleksandr Zakharcenko a seguito degli ultimi attacchi, facendo eco a Putin che ha accusato Kiev della carneficina di Mariupol.
Ma chi è Zakharcenko?

Altri non è che il presidente dell’Autoproclamata repubblica di Donetsk, resasi indipendente a seguito del referendum dello scorso anno. Donetsk rientra all’interno di una federazioni di repubbliche autonome tra cui anche Lugansk, chiamata Nuova Russia.
La federazione è riconosciuta solo dall’Ossezia del sud, altro stato non riconosciuto. L’Onu e l’Unione Europea hanno considerato il referendum separatista come non valido, ritenendo ancora quei territori come parte integrante dell’Ucraina.
Dal punto di vista culturale la Nuova Russia si distingue per la russofonia dei suoi abitanti, motivo per cui Mosca appoggia più o meno direttamente l’indipendenza della regione. In ambito internazionale, il protocollo di Minsk, siglato lo scorso settembre, è alla base delle trattative per pacificare la situazione, nonostante la sua fragilità che impedisce risoluzione a breve termine.

La Nuova Russia appare, quindi, come una scacchiera. Si sà, i russi e gli ucraini sanno il fatto loro in proposito; si pensi a Garri Kasparov per i primi e Sergej Karjakin per i secondi. Putin e Poroshenko rappresentano i due giocatori e in mezzo le torri, le regine, gli alfieri, il re, i pedoni e i cavalli. Ognuno fa le sue mosse. Il tifo internazionale parteggia per l’una o l’altra parte. In fondo anche nel film di Ingmar Bergman Il settimo sigillo il protagonista gioca una partita a scacchi contro la morte, tra tattica e strategia, per aver salva la vita.
Il futuro d’Europa si tinge di bianco e nero. Gli stessi colori delle caselle di una scacchiera.