C’era da aspettarselo. La produzione targata IS si è fatta attendere, ma alla fine ha fatto uscire un nuovo video della sua “star” principale, il giornalista britannico John Cantlie. Forse questo video è ancora più scioccante dei precedente. Non per la durezza delle immagini, ma per il messaggio che reca alla mondo “occidentale”.
Colpiscono la qualità delle immagini, la perfetta sottolineatura di quegli aspetti di vita quotidiana che ancora si respirano nella roccaforte di Mosul; Cantlie si muove tra i mercati, fa visita agli ospedali, gira in moto per le vie cittadine come un comune reporter che visita una località turistica. Il messaggio è chiaro: “Questa è Mosul, la nostra capitale in Iraq. Non siamo solo tagliagole, ma anche amministratori, sappiamo gestire la cosa pubblica”.
Non è poco. L’IS è anche questo; una macchina bellica letale e distruttiva che vomita piombo sulle minoranze religiose ed etniche tra Siria e Iraq, ma che sa anche propagandare la sua missione. È un proselitismo new age che sta avendo successo tra i giovani musulmani che vivono in Europa e Stati Uniti.
Ma c’è di più.
Il messaggio non è per gli islamici all’estero, ma per gli “infedeli” stessi. Osserviamo bene. Cantlie veste alla occidentale, parla in inglese e non ha la barba. Se fosse apparso in maniera diversa uno spettatore avrebbe potuto pensare “toh, Cantlie si è convertito o lo hanno costretto a farsi crescere la barba proprio come loro!”. Quando ho visto il video è stata la prima cosa che ho pensato. È un inglese che parla ai suoi connazionali “Guardate, l’IS non è poi così male” sbeffeggiando anche i droni della coalizione che solcano i cieli di Mosul.
Pubblicità, promozione di un ideale, propaganda. Contro l’Is non serviranno solo le bombe, ma soprattutto una raffinata politica mediatica e di intelligence. Se vuoi stanare il topo, non ti serve il gatto, ma un altro topo.
Alla prossima drammatica puntata.