
Un altro Stato che si è autodeterminato. Riconosciuto solo da altre entità autodeterminate: Ossezia, Abcazia e Transnistria; è il Nagorno-Karabakh.
Ne abbiamo già parlato affrontando un fatto di cronaca riguardo l’Azerbaijan e l’Armenia. Va detto, però, che il Nagorno-Karabakh ha una storia tutta sua, anche se legata a doppio filo con i suoi vicini. Come per altri stati caucasici il tutto ha inizio con la fine degli anni ’80 e inizi ’90 con la fine dell’Urss. Popolata da una maggioranza etnica armena, quest’area ha vissuto un duro conflitto per l’indipendenza.
Le violenze tra la popolazione armena e azera costrinse la Russia a nuove ingerenze nel tentativo di pacificare le esuberanze dei due Stati che miravano al controllo nel Nagorno. Apice di questi disordini fu il progrom di Sumgait, una sobborgo industriale poco distante da Baku. Tra il 27 e il 28 febbraio 1988 bande azere iniziarono una terribile caccia all’uomo tra i quartieri della cittadina, massacrando e violentando tutti coloro che appartenevano all’etnia armena. Fu l’intervento sovietico a fermare i massacri nella notte del 28.

Stando ai resoconti ci furono circa 1500 morti.
A seguito di questo evento, seguirono pulizie etniche da entrambe le parti. Il blocco ferroviario del settembre 1989 voluto dal Fronte Popolare Azero paralizzò l’economia armena, costringendo numerosi militanti dell’Armenia ad impugnare le armi. Nei mesi successivi iniziò un braccio di ferro tra Mosca e Yerevan per il possesso del Nagorno. Dopo che il Soviet supremo dell’Urss sciolse il 28 novembre ’89 l’Autorità speciale in Karabakh, rimpiazzata un paio di mesi dopo da un “Comitato Organizzativo Repubblicano” azero, il primo dicembre i soviet dell’Armenia e del Karabakh votarono per la riunificazione di questo con Yerevan. Mosca si oppose.
I successivi disordini a Qazak e a Baku (detto il gennaio nero con durissimi scontri tra truppe sovietiche e azere) furono solo il preludio alla guerra aperta. La dichiarazione di una Repubblica azera fece sì che anche il Nagorno-Karabakh si dichiarasse indipendente costringendo Baku a non riconoscere la neonata nazione. Anche qui, come in Ossezia, Transnistria e Abcazia il referendum ottenne quasi il 100% dei consensi a favore della separazione.
Il 31 gennaio 1992 scoppiò ufficialmente il conflitto. Migliaia di truppe azere marciarono su Stepanakert, capitale del Nagorno-Karabakh, per occuparne il territorio. In breve anche gli Armeni scesero sul campo per difendere una regione che consideravano propria.
Gli scontri continuarono fino al 1994, anno del cessate-il-fuoco di Bishkek.
Negli anni a venire questa tregua non è mai stata rispettata. Anche recentemente, come abbiamo detto, Azerbaijan e Armenia hanno continuato a “stuzzicarsi” a colpi di artiglieria. A farne le spese una delle regioni più povere dell’area.
Da questo tweet
ho estrapolato la seguente citazione:
The US and several European countries banned the visit of Donetsk separatists to their territories. Why the Donetsk separatists are prohibited to visit the country, while doors are opened to the separatists of Nagorno-Karabakh?
This issue goes beyond the double standards. Either the US is not interested in the settlement of Nagorno-Karabakh conflict through peaceful means, or this visit pursues some secret interests.
Or the US took this step just to please the Armenian lobby operating in the country. If these actions of the US pursue secret interests, then by and large, it aims to put pressure on Azerbaijan. The criticism of Azerbaijan by some US officials in recent days gives ground to say that.
Si fa riferimento diretto alla politica americana nell’area. Fino ad ora si è parlato prevalentemente di Russia, ma anche gli Stati Uniti sono un interlocutore interessante e che potrebbe giocare un ruolo decisivo nell’equilibrio dei poteri in Caucaso. Per quanto l’agenzia (azera) che ha pubblicato questa notizia non sia del tutto esente da schieramenti, è un dato di fatto che anche Washington abbia un qualche interesse nel Nagorno-Karabakh soprattutto in ottica antirussa.
Anche Luke Coffey del Margaret Thatcher Center for Freedom in un suo articolo del 26 novembre scorso propone la sua ricetta per un intervento di Obama nella questione caucasica;
- Incoraggiare la Georgia a stare al passo della comunità internazionale
- Incrementare le sanzioni economiche qualora la Russia annetta Abcazia e Ossezia del sud
- Monitorare il Nagorno-Karabakh e l’avvicinamento dell’Armenia alla Russia
The U.S. cannot ignore the South Caucasus
Aggiunge Coffey subito dopo aver detto che
The region needs stability
Cosa si intenda per stabilità è un mistero. Probabilmente l’annullamento dell’ingerenza russa nelle faccende azere e armene? Il soffocamento delle istanze indipendentiste del Nagorno? La riunificazione della regione all’Azerbaijan (filoamericano)?
Forse. Ma forse gli americani, assieme ad altri paesi, dovrebbero iniziare a stare lontani da questa pentola che bolle. Si sa…quando la pentola sta per scoppiare, è bene che tutti se ne tengano a debita distanza.